Cosa rappresenta il cibo per l'essere umano?
E' solo fonte di nutrimento?
Cosa vi è dietro il piacere del gusto?
Cosa può celarsi dietro al comportamento alimentare?
Il cibo è indiscutibilmente fonte di nutrimento, di piacere… ma non solo! Esso ha diverse funzioni. Vediamo di cosa si tratta!
Innanzitutto, ci si nutre primariamente per un bisogno energetico dell’organismo. Ogni alimento, infatti, ha un suo potere calorico: l’ammontare dell’energia che fornisce dopo essere stato ingerito e che permette al corpo di espletare le sue funzioni vitali. Ma l’atto del cibarsi va ben oltre ciò. Pur essendo sazi, infatti, capita di mangiare per una miriade di motivi differenti. Quali possono essere?
Comunemente IL CIBO assume aspetti multidimensionali su cui raramente si riflette e di cui non sempre si è del tutto consapevoli. Ad esempio, può avere anche un valore edonistico, emozionale, evocativo e comunicativo.
Vediamo di seguito di cosa si tratta e alcune sue funzioni.
1. SODDISFARE IL BISOGNO FISIOLOGICO DELLA FAME
Attraverso la fame il corpo segnala il bisogno di nutrienti. L’alimentazione è indispensabile alla sopravvivenza del corpo, alla sua crescita, al funzionamento dei vari apparati corporei, alla costituzione dei tessuti, degli organi e del funzionamento in ogni attività biochimica che lo caratterizza. Di conseguenza, il tipo di alimentazione è fondamentale per uno stato di salute psicofisica ottimale (Organizzazione Mondiale della Sanità).
2. CONVIVIALITA’, CONDIVISIONE e COMUNICAZIONE
Ci si riunisce a tavola per raccontarsi, per festeggiare, per rivelarsi, per esprimere accoglienza, accudimento, ma anche conflittualità, punizione, disaccordo, rifiuto. Per intenderci, pensiamo, ad esempio, all’immagine di un genitore che allatta o imbocca il piccolo, una delle forme più amorevoli di cura; al castigo discutibile del “vai a letto senza cena”; o ancora alla rabbia di un adolescente che decide di saltare un pasto per protesta verso qualche decisione non condivisa degli adulti, ecc. Tutte forme di comunicazione che vedono il cibo come protagonista.
Determinate pietanze, inoltre, possono essere donate in segno di affetto, amicizia, vicinanza, accettazione, perdono, benevolenza. Hanno poi funzione celebrativa: si fanno pranzi, cene, bouffet per festeggiare ricorrenze o degli obiettivi raggiunti.
Consumare un pasto insieme è una sorta di rituale che, nella sua pluralità di significati, può diventare luogo di incontro familiare o per nuove conoscenze, nuovi dialoghi. E’ anche fonte di trasmissione di regole sociali, interpersonali e interculturali.
3. ESPRESSIONE DI SE’ e DELLA PROPRIA IDENTITA’
Ognuno ha dei gusti personali che lo distinguono dagli altri. Il modo di assumere una pietanza, la scelta del luogo, dell’ora, del tipo di alimenti, del loro abbinamento, inevitabilmente esprime tratti caratteriali, di identità e personalità, aspetti singolari di ognuno. C’è chi, ad esempio, predilige i dolci, chi invece è più goloso di cibi salati; c’è chi mangia molto rapidamente, chi invece impiega più tempo; chi vive il pasto come un momento importante e ne difende la sacralità, chi mangia anche in piedi in una pausa breve; chi è più socievole e conviviale e ne approfitta per godere della compagnia di qualcuno, chi è più solitario e preferisce consumare i piatti in solitudine. Inoltre, è espressione della propria cultura di appartenenza e religione, con pratiche di digiuni e astinenze, come ad esempio nel Ramadan (per il credo musulmano), o in Quaresima ( per quello cattolico). Dunque, il modo di scegliere, consumare e percepire il cibo ci identifica e rappresenta: esprimiamo noi stessi attraverso esso.
4. CONSOLAZIONE: EMOTIONAL EATING
Capita di consumare un pasto, o un dato alimento per confortarsi rispetto a qualcosa di spiacevole. In tal caso il cibo assume valore consolatorio (specie alcune categorie di esso, come cioccolata e cibi iper-glucidici o ad alto contenuto di grassi).
Assumere alimenti in risposta alle emozioni è un fenomeno studiato in letteratura e definito dagli esperti come Emotional Eating (Arnow, Kenardy, & Agras, 1995). E’ una dinamica molto comune e diffusa, che, di per sè, non deve destare preoccupazioni.
Tuttavia, quando diventa la regola e non l’eccezione, può configurarsi uno scenario fatto di eccessi alimentari in risposta ad emozioni specifiche (ad esempio, dopo delusioni, insuccessi, forti frustrazioni, umiliazioni o mortificazioni, paura, agitazione, noia e quant’altro). A tal proposito, pare che un’esagerata assunzione di cibo sia frequentemente conseguenza di emozioni disforiche come tristezza, malinconia, ansia.
L’Emotional Eating può favorire o generare un discontrollo rispetto all‘impulso di spiluccare, bypassando i segnali di fame e sazietà. Ciò può rappresentare un aspetto problematico del comportamento alimentare.
5. EDONISMO e PIACERE: FOOD ADDICTION
Alle volte si è spinti a mangiare una determinata pietanza, non per un appetito vero e proprio, fisiologico, ma per una voglia, dunque per il mero piacere di gustarla.
L’atto del nutrirsi quando si è affamati, come il bere quando si ha sete o gli atti sessuali, è, per natura, definibile come comportamento adattivo che attiva il sistema di ricompensa, legato cioè alla produzione di sensazioni di piacere.
Le proprietà edoniche del cibo sono legate anche (ma non solo) al rilascio di dopamina (DA) in una struttura specifica del cervello, la stessa che si attiva quando si assumono determinate droghe. Vi è una forte evidenza empirica che dimostra che il cibo altamente palatabile, in maniera del tutto simile alle sostanze d’abuso, stimola il sistema dopaminergico mesolimbico aumentando il rilascio di dopamina, favorendo così comportamenti di dipendenza simili a quelli che si hanno con le droghe (ad esempio astinenza e craving). In tal caso si parla di FOOD ADDICTION.
La frase comune dei più golosi “sono drogato di cioccolata”, ha ragione di esistere. Ma attenzione, non basta la golosità per parlare di un’addiction vera e propria.
PER CONCLUDERE
Il comportamento alimentare si connota di diverse variabili: personali, contestuali, biologiche, sociali, culturali, interpersonali, affettive, simboliche…
Tutto ciò fa parte del funzionamento di ognuno.
Laddove il rapporto con il cibo risulti alterato, sia causa di disagio e malessere pervasivo, è bene consultare un esperto che approfondisca ogni singolo aspetto ad esso connesso ed aiuti a ritrovare un equilibrio.
L’alimentazione media il rapporto con il proprio corpo e con se stessi, e può essere teatro di battaglie personali profonde. Nei casi estremi si possono strutturare dei veri e propri disturbi alimentari.
E’ bene prevenire eventuali situazioni difficili, prendendosi cura di sè anche senza particolari necessità. A tal proposito, sarebbe auspicabile seguire dei programmi di psico-educazione alimentare, anche per i più piccoli.
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